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La cultura storica e la sfida dei rischi globali - Page 22


63 Se ne veda il catalogo, arricchito di numerosi saggi: Fondazione Lelio e Lisli Basso – Issoco, L’ambiente nellastoria d’Italia. Studi e immagini, Venezia, Marsilio, 1989. La mostra, molto ricca, era però limitata all’Italia preunitaria.

64 Il declino degli elementi. Ambiente naturale e rigenerazione delle risorse nell’Europa moderna a cura di Alberto Caracciolo e Gabriella Bonacchi, Bologna, Il Mulino, 1990.

65 A Caracciolo, Il "luogo" di una storia ambientale, ivi, pp. 13–18.

66 Questo l’explicit, ivi, p. 18. Le altre citazioni sono tra le pp. 13 e 17.

67 Paolo Macry, La società contemporanea. Una introduzione storica, Bologna, il Mulino, 1992. Non ci risulta che ci siano state edizioni ulteriori o rifacimenti dell’opera. La prima edizione, era apparsa presso il Mulino nel 1980 con il titolo Introduzione allo studio della società moderna e contemporanea.

68 Ivi (ed. 1992), p. 319.

69 Ivi, pp. 68–69 e 78. Vedo però ora P. Macry, in fase di aggiornamento anche storiografico, tra i promotori di una interessante serie napoletana di lezioni su "La Natura, la storia e le scienze sociali" nel cui dèpliant di presentazione si parla di "una entusiasmante stagione di scoperte e di convergenze, di incontri e di scambi stimolati per altro dalla drammatica urgenza delle questioni ambientali del presente".

70 P. Bevilacqua, Sull’utilità della storia per l’avvenire della nostra scuola, Roma, Donzelli editore, 2000 (I ed. 1997); il volume va qui segnalato anche per la concordanza con i motivi che animano la presente relazione, come risulta dalla breve recensione che gli ho dedicato su "Giano", n. 33, settembre–dicembre 1999, p. 204. Dello stesso autore Tra natura e storia. Ambiente, economia, risorse in Italia, Roma, Donzelli editore, 2000 (I ed. 1996), una raccolta di saggi appartenenti ad un primo periodo di interesse per i temi ambientali. E’ significativo che il libro "non abbia ricevuto alcuna recensione o nota su riviste storiche specializzate", come scrive l’autore nella Prefazione della seconda edizione, denunciando la generale "incapacità di mettersi in contatto con la vita reale". Sugli studi in Germania, ai quali si sono collegati sia Caracciolo sia Bevilacqua, si veda Simone Neri Serneri, Storia, ambiente e società industriale. Rassegna di studi tedeschi, "Società e storia", n. 50, 1990, pp. 891–937.

71 P. Bevilacqua, Demetra e Clio. Uomini e ambiente nella storia, Roma, Donzelli editore, 2001. I titoli dei saggi, nell’ordine in cui sono disposti nel volume, sono: I. Le razionalità. Le mutevoli strategie dell’homo sapiens; II. Lepolitiche. Governare l’ambiente: una proposta di prospettiva storica; III. Le cronologie. Il secolo planetario: tempie scansioni per una storia dell’ambiente; IV. Le risorse. Significati e prospettive d’uso di un concetto; V. Il lavoro. Natura e operosità umana.

72 I passi citati sono in Demetra e Clio ecc., cit., rispettivamente pp. VII, IX e X.

73 Ivi, p. 54. La concezione del "900 é uno dei punti del volume su cui intendo prossimamente tornare.

74 Come fa, ad esempio, con grande disinvoltura, Marcello Flores, curatore del volume Nazismo, fascismo,comunismo. Totalitarismi a confronto, Milano, Bruno Mondadori, 1998, che raccoglie gli atti del convegno "L’esperienza totalitaria nel XX secolo", organizzato dall’Università di Siena nel 1997. La titolazione del volume riflette d’altronde una politica di "uso pubblico della storia" perfettamente compatibile col presente politico, i cui tratti diversamente totalitari restano inavvertiti a quasi tutti gli studiosi del totalitarismo unico o dei totalitarismi comparati. Non é senza significato che nelle pagine de Le origini del totalitarismo di Hannah Arendt ricorra più volte la distinzione netta tra la dittatura rivoluzionaria di Lenin e il regime totalitario instaurato da Stalin tra la fine degli anni ’20 e il 1935. Allo stesso modo ella tendeva a collocare la fine del totalitarismo nel periodo immediatamente successivo alla morte di Stalin.
La storiografia ha bisogno, ora più che in ogni altro tempo, di analisi responsabili. Mentre il totalitarismo era per il fascismo e il nazismo un elemento programmatico fondamentale, per il comunismo sovietico é stato una degenerazione e un "venir meno" del messaggio originario. Penso che la storia della sinistra comunista e rivoluzionaria del secolo XX meriti miglior sorte che l’appiattimento sullo statalismo staliniano e, più in generale, che occorra rimeditare le intuizioni della Scuola di Francoforte sulla "dialettica dell’illuminismo" e sulla reale sostanza della democrazia ut sic.
Quanto all’uso acritico e grossolano del termine "totalitarismo", mi piace appunto ricordare Herbert Marcuse, L’uomo a una dimensione. L’ideologia della società industriale avanzata, Torino, Giulio Einaudi editore, 1967 (II ed.), p. 32: "In virtù del modo in cui ha organizzato la propria base tecnologica, la società industriale contemporanea tende ad essere totalitaria. Il termine "totalitario’, infatti, non si applica soltanto ad una organizzazione politica terroristica della società, ma anche ad una organizzazione economico–tecnica, non terroristica, che opera mediante la manipolazione dei bisogni da parte di interessi costituiti. Essa preclude per tal via l’emergere di una opposizione efficace contro l’insieme del sistema. Non soltanto una forma specifica di governo o di dominio partitico producono il totalitarismo, ma pure un sistema specifico di produzione e di distribuzione, sistema che può essere benissimo compatibile con un "pluralismo’ di partiti, di giornali, di "poteri controbilanciantisi’, ecc."

75 Stefan Zweig, Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo. Traduzione di Lavinia Mazzucchetti. Introduzione di Mara Gelsi, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1979, p. 172.

76 Spero che l’insistenza sul concetto di imperialismo e l’impostazione complessiva di questa relazione rendano chiara la mia distanza dalle tesi centrali del best seller di Antonio Negri e Michael Hardt, L’Impero. Il nuovo ordine della globalizzazione, Milano, Rizzoli, 2002, al quale penso di dedicare un apposito commento.

77 Specialmente nello scritto Appunti per una ricerca sulla guerra, e nella Tavola rotonda con Enzo Collotti, Nicola Labanca, Andrea Panaccione, Giorgio Rochat, editi in "Giano", n. 19, gennaio–aprile 1995, pp. 5–34 e 35–49.

78 Tra l’altro anche nella mia lezione del 1984 all’Università di Palermo La guerra e il destino dell’uomo: la svoltadel 1945 , pubblicata in L. Cortesi, Le armi della critica. Guerra e rivoluzione pacifista, Napoli, Cuen, 1991, pp. 19–42.

79 B. Commoner, op. cit., p. 133 e sgg.

80 Ivi, p. 136.

81 Per il contributo di V.I. Vernadskji v. supra, nota 19.